FRA
DOLCINO DA NOVARA
Di
Dolcino
Torielli nato nel 1250 e morto a Vercelli il l'1 Giugno del 1307 arso
vivo sul rogo per mano del tribunale inquisitore che lo aveva accusato
di eresia,
( il suo pensiero era semplicemente discordante con quello radicato
delle comuni convinzioni del tempo ) è stato scritto molto e se siete
incuriositi e volete approfondire la
storia della sua vita è possibile farlo sia attraverso le pagine di
libri a lui dedicati che su
Internet. Il nostro è solo un piccolo omaggio, un sunto di quanto
fece, tanto per sottolineare la barbarie non umana di quella che
in
Bethelux ( in altre pagine ) abbiamo chiamato " le atrocità della
grande bestia". Per noi la grande
bestia è il tribunale inquisitorio della chiesa che
ha mandato al rogo tantissimi innocenti: uomini, donne, bambini,
bollati e accusati di eresia o stregoneria o omosessualità che si
trovavano sia tra la gente comune, la povera gente inerme e anche
persino tra la gente della sua cerchia come frati, preti e monache di
buona fede che non erano però allineati ai
precetti papali, uccisi tutti quanti arsi vivi sui
molteplici roghi innalzati a capestro e
vittime dei boia che operavano impunemente all'ombra della "santa
croce".
Questi loschi
figuri, ammantati di santità, arroganti e con le mani grondanti di
sangue innocente, fecero fuori tra gli altri anche questo religioso
fondatore di quella che fu definita una setta rispondente al nome dei
Fraticelli Apostolici o Dolcinisti.
Fra Dolcino si era macchiato di
eresia predicando il suo duro dissenso alla gerarchia ecclesisastica
oltre che auspicando la prossima fine del mondo che avrebbe finalmente
segnato la fine dello strapotere papale. Il
Papa che allora si trovava
in carica comandò la cattura di fra Dolcino e della sua compagna che
rispondeva al nome di Margherita Boninsegna ed entrambi furono
arrestati, torturati e arsi vivi sul rogo. Fra Dolcino era un predicatore scomodo
che diffondeva con
convinzione messaggi altrettanto scomodi come la parità tra uomo e
donna e metteva il dito sulla piaga della degenerazione pomposa che
dilagava nella chiesa. Secondo Fra Dolcino la chiesa era ormai
contaminata e si era allontanata dal messaggio originale del primo
cristianesimo e naufragava inevitabilmente nel mare delle tentazioni,
nel fascino del potere arrogante e senza freni, della ricchezza e di
tutto l'abbruttimento che ne consegue. Fu
messo in dubbio persino che fosse realmente un frate consacrato anche
perché si accompagnava ufficialmente con una donna descritta, da fonti
storiche, come bellissima. Ella gli rimase accanto sino alla fine
tragica e condivisa della morte sul rogo. Fra Dolcino predicava anche
che "la terra apparteneva a chi la lavorava" entrando così in
conflitto, oltre che con la chiesa, anche con i proprietari terrieri di
di quel tempo.
Molti "dolciniani" persero la vita nel promuovere con
armi e rivolte queste idee radicali e scomodissime. Una volta
catturati, fra Dolcino e Margherita, furono quindi condannati quindi al
rogo. La sentenza fu
eseguita pubblicamente il primo giorno di Giugno ma la
storia di fra Dolcino non termina certo qui con la sua morte. Il
ricordo e l'insegnamento di fra Dolcino ha oltrepassato il ponte del
tempo e i movimenti operai e anarchici sorti dopo di lui sono stati
capaci sia di perpetuarne la memoria che di affermare e applicare la
validità delle sue idee. Oggi i tempi sono più moderni e finalmente maturi
per il profondo cambiamento da lui auspicato.
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