Procedendo
a ritroso nella memoria, scopriamo che un documento storico datato 732
D.C., attesta già dell'esistenza di un castello a Lari, su quella
collina dove si trova oggi l'attuale costruzione sede dei Vicari e si
trattava, con molta probabilità, di una semplice torre in legno cinta
da delle palizzate.
Si deve alla nobile famiglia degli
Upezzinghi, ribelle alla Repubblica di Pisa che qui si fortifica nel
1200, la costruzione vera e propria del castello non dissimile a quella
attuale anche se naturalmente oggi è riveduta, restaurata e corretta a
causa dello scorrere dei secoli. Il castello fu conteso
tra Pisa, che ne riprende possesso e la trasforma in Capitanato del
Comune, e Firenze ( Pisa e Firenze eterni rivali ) che la sottomette
successivamente nel 1400 al suo dominio trasformandola in Vicariato. In
questa sede veniva amministrata la cosiddetta giustizia del territorio
oltre che la riscossione delle pesantissime tasse. Pisa tenta di
riconnetterla di nuovo nel suo territorio ma le truppe fiorentine,
capitanate da Pier Capponi, a seguito di scontri e sanguinose
battaglie, conquistano definitivamente Lari, potenziandone il sistema
difensivo. Il castello diviene quindi la dimora stabile dei Vicari
nonchè sede del tribunale, della nuova sala delle
torture dove venivano svolti gli "interrogati" ai
detenuti, e della sala dove questi
venivano giustiziati qualora fossero stati giudicati colpevoli dalla
giuria esaminatrice e delle anguste e tetre prigioni. Nel 1530 viene
affrescata la
"sala dei tormenti", così veniva chiamata la sala delle torture, e nel
1700 vengono ampliate le prigioni.
Nel 1848 vengono soppressi i
Vicariati e viene istituita la Pretura. Solo in tempi relativamente
recenti dato che siamo nel 1934, il carcere viene chiuso e cessa le sue
attività. Nel 1970 viene soppressa anche la Pretura ed
il castello viene destinato ad abitazione privata sino al 1990.
Nel 1991 inizia l'opera di recupero del castello da parte del il Comune
di Lari, l'attuale proprietario e attiva in quella data il servizio di
visite guidate affiancato da un gruppo di giovani volontari. E' grazie
a loro, alle parole dei giovani che fanno da guida in quelle antiche
stanze, che ogni giorno rinascono le vicende che si sono svolte al
castello e ci introducono verso quei tempi bui e
tormentati; rendendoci partecipi e muti spettatori degli stati d'animo
di chi, li dentro, ha sofferto e vissuto i momenti orribili della sua
esistenza. Ci si immedesima con i
detenuti rinchiusi negli umidi sotterranei o in quelle anguste e frede
celle dove scontavano le loro pene, si rabbrividisce osservando i ferri
che dovevano essere terribili in mano ai torturatori e si è presi da
una indescrivibile sensazione di smarrimento di fronte al tavolo del
giudice o al ceppo del boia che attuava lea sentenze...
E'
un luogo da vedere per non cancellare mai dalla nostra memoria gli
orrori che qui sono stati commessi e dei quali sono stati capaci gli
uomini contro altri uomini, per mano sia della cosiddetta giustizia che
della chiesa cattolica. Sulla facciata in pietra che da sul
cortile interno, sono messi in bella mostra i 92 stemmi lasciati dai
Vicari che ogni sei mesi si avvicendavano nell'amministrazione della
giustizia in qualità di rappresentanti del Governo. Gli stemmi sono scolpiti
nella pietra ad ornamento del muro esterno del carcere. Seguendo la
guida, che ci introduce nelle stanze del castello, notiamo anche gli
affreschi dell'epoca e pochi mobili originali. Le prime sale che si
visitano sono quella del tribunale dove, fra gli altri, fu processata
una donna, Gostanza da Libbiano, accusata di stregoneria e la stanza
della cassaforte, dove l'addetto del governo, stabiliva e incassava i
tributi.
Si prosegue poi verso la sala dei tormenti dove i detenuti venivano
condotti per essere torturati o giustiziati. Vicino alla sala dei
tormeni si trovano le celle del carcere, anch'esse luogo di tormento
per chi avesse avuto la sfortuna di trovarvisi prigioniero. Qui
i detenuti venivano incatenati e avevano a disposizione un tavolaccio
di legno sul quale stendersi e un po di luce che a malapena filtrava
attraverso le inferiate delle finestre posizionate in alto verso il
soffitto. Alcune celle avevano delle fosse scavate nel muro con al suo
interno un recipiente che serviva a raccogliere i loro bisogni
corporali.
Altre celle, invece, avevano un'unica latrina in comune. Ma erano le celle dei
sotterranei a rasentare l'orrore più puro. Qui finivano i detenuti
peggiori, al buio e al freddo di quelle stanzette ricavate nella roccia
che erano poi delle vere e proprie nicchie scavate nella pietra fredda
e umida e che si allagavano ogni qual volta cadeva la pioggia. Le
condizioni in cui vivevano i prigionieri erano veramente inumane e
sconfortanti.
C'era poi una cella, che anche se non si trovava nel sotterraneo, era
comunque, per terribile analogia, simile a quelle ricavate nel
sottosuolo. Il povero detenuto era costretto a
restarsene al buio ( la finestra alta e con le doppie inferiate era
sempre tenuta chiusa da pesanti scuri in legno ) e due grosse catene
assicurate alla parete gli stringevano le caviglie. Ai detenuti non venivano
però, come consolazione, risparmiate le funzioni religiose. Essi
potevano assistervi attraverso 10 cellette ricavate su di un lato della
cappella che si trova nel cortile interno del Castello. Unico svago al
tormento giornaliero, Quando venne
costruita la cappella nel cortile essa sostituì in modo permanente
l'altra preesistente all'interno del castello, ancora visitabile ma
quasi irriconoscibile come cappella. Si può ancora vedere un affresco
nel muro tagliato in due dalle scale sovrastanti.
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